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Il secondo carnevale del GRIDAS

Il GRIDAS ha rivolto al rione una proposta per il carnevale 1984: è il secondo carnevale dell'Ina Casa.

È nostro desiderio cercare momenti di aggregazione, occasioni per stare insieme, per riallacciare legami fra le persone, rapporti, riscoprire la gioia e prima ancora la possibilità di ritrovarsi insieme, per strada, a fare festa, fugare la paura, riappropriarsi del tempo e dello spazio per vivere.

Perché ormai l'atteggiamento dominante, fra le persone del rione, ma non solo del rione, pare sia quello della paura: barricarsi in casa, porre fra sé e la realtà esterna una serie di cancelli e di barriere, per tenere fuori la paura, il ladro, il drogato, l'altro uomo. Costringendosi così a vivere in carcere.

Noi vogliamo invitare tutti a demolire le barriere e a ricostruire la possibilità di incontrarsi.

Un tempo ci si mascherava, a carnevale, per capovolgere i ruoli: i maschi diventavano femmine e viceversa, i poveri potenti, e viceversa, ed è questa, del mondo alla rovescia, una possibilità di ipotizzare un mondo diverso, IL MONDO ALLA ROVESCIA, dove i ruoli si invertono ed è divertente e allegro ipotizzare, per una volta almeno, una diversa società: LA RIVOLUZIONE PER GIOCO.

Se nei paesi la tradizione del mascherarsi a carnevale è qua e là ancora viva, in città questo rito si è perso. È restata una ridicola abitudine, e triste, di mascherare i bambini, con vestiti costosi comprati, a loro insaputa o senza che ne siano protagonisti, per farli partecipare a "carnevalini" e concorsi dove non si sa se l'umiliazione più grande sia per le piccole vittime o per i genitori o per gli organizzatori.

Contro queste deleterie abitudini consumistiche e sciocche (tra l'altro questo défilé di costumi non ha niente della maschera perché proprio i volti restano tali e quali e quindi viene meno proprio il cambio di identità) vogliamo riproporre un carnevale significativo: ipotizziamo un cambiamento della società attraverso le maschere e i simboli. Simboli buoni e simboli cattivi che si combattono per strada e che stimolino a pensare, a prendere coscienza, continuando nella festa la lotta politica di ogni giorno: di quelli senza potere contro chi usa il potere per opprimere invece di mettersi al servizio del popolo.

Vorremmo che si ponesse mente che le maschere tradizionali, Arlecchino, Pulcinella, Gianduia, ecc. sono archetipi (immagini originarie) di popolani, il servo, il contadino, caratterizzati dalla lingua che è del popolo, il dialetto, per dare voce a chi invece, nel resto dell'anno, e della vita, è costretto, la sua voce, a soffocarla, mentre invece avrebbe tanto da dire.

Carnevale è per noi restituire alla cultura popolare, al folklore, il diritto di esistere e di testimoniare la sua vitalità.

In questa linea, anziché fare lavori di scavo nella tradizione, inventiamo nuove maschere, nuove strutture, significanti, e comprensibili, per fondare una nuova tradizione, una riappropriazione di una festa popolare da parte del popolo.

A Secondigliano è il secondo anno che riusciamo a farlo, ad Afragola questo è già il quinto anno, a Pomigliano sono ancora più anni: c'è speranza che la cosa vada avanti.