Ipotesi di una società pacifica
14 - 23 dicembre 1985.
“167” di Secondigliano.
Murale sulla recinzione della scuola media “Virgilio III” - 45° Distretto scolastico, per incarico della circoscrizione di Piscinola: le arti come suggestioni-mezzi di invenzione di mondi di pace: il teatro, la musica colta e popolare, la fratellanza. Il compenso riscosso per questo murale, di circa 300 metri quadri, ci ha permesso di pagare la tipografia per la stampa del giornale l’”Alfabeto Urbano” sul GRIDAS.
Ciclostilato di illustrazione del murale.
Rovinato dalle intemperie.
Testo illustrativo di Felice Pignataro - 23 dicembre 1985:
Circoscrizione di Piscinola
IPOTESI DI UNA SOCIETÀ PACIFICA
Il murale del GRIDAS alla 167 di Secondigliano
14-23 dicembre 1985
Ciclostilato in proprio - GRIDAS - Via Monte Rosa 90/b. Napoli
IPOTESI DI UNA SOCIETÀ PACIFICA
Un murale del GRIDAS in via Fratelli Cervi, per iniziativa della Circoscrizione di Piscinola.
All’inizio di ottobre scorso, mentre realizzavamo il murale “La cultura: una storia infinita”, con i ragazzi della III scuola media “Virgilio” per iniziativa del 45° distretto scolastico, in via Fratelli Cervi, alla 167 di Secondigliano, alcuni abitanti del rione ci chiesero se non si poteva dipingere TUTTO il muro.
Abbiamo chiesto allora alla Circoscrizione di Piscinola di accettare questa proposta e la circoscrizione l’ha accolta, in attesa di una delibera della giunta comunale.
La decisione favorevole della giunta comunale ha avuto luogo alla fine di novembre e si è potuto passare alla fase operativa, definendo anche il tema, in una riunione alla circoscrizione il 26 novembre: IPOTESI DI UNA SOCIETÀ PACIFICA.
Era nostra intenzione coinvolgere nella realizzazione del murale quante più persone fosse possibile, soprattutto i ragazzi delle scuole vicine che non avevano potuto partecipare alla precedente esperienza, ma anche i semplici cittadini del rione, perché le motivazioni del fare murales sono per noi molteplici e di grande rilevanza sociale.
Non si tratta, infatti, soltanto (e sarebbe già abbastanza) di “colorare i muri grigi per rallegrare l’ambiente”, che è forse ciò che colpisce di più il passante distratto, ma piuttosto di appropriarsi di un pezzo del proprio circostante territorio, un muro, per intervenirvi, svolgendovi però un discorso che riguarda l’esplicitazione di un progetto: illustrare quello che si vorrebbe fare, dare definizione e concretezza di immagini alle generiche lamentele e critiche sull’ambiente, sulla società, sulle sorti del mondo.
Si tratta allora di appellarsi all’immaginario per chiarire e chiarirci verso dove vogliamo andare e per verificare, estendendo il progetto su tutto un muro, se i nostri sogni sono comprensibili e condivisi dagli altri, se stiamo andando nella stessa direzione.
Si tratta di suggerire che l’intervento sui muri, cioè sull’ambiente, quindi sul mondo e sulla propria sorte, non è un’utopia me è invece possibile, a portata di mano, ed è proprio di qui che si può partire per farsi artefici del proprio futuro destino, non più vittime ma protagonisti.
Vogliamo con questo suggerire che l’immagine del mondo, diventa un luogo comune che lo assimila più ad una giungla con fiere-mostri in agguato (i ladri, gli assassini, i drogati, gli scippatori, ecc.) sta a noi farla diventare piuttosto un luogo tranquillo dove si possa vivere in pace.
Di qui il titolo, IPOTESI DI UNA SOCIETÀ PACIFICA, che è come dire: proviamo a inventarci un mondo in cui sia bello vivere.
Per coinvolgere la gente nella realizzazione del murale abbiamo invitato, con una lettera firmata dal presidente della circoscrizione, i dirigenti delle scuole e i membri delle associazioni culturali del rione a un incontro di progettazione presso il GRIDAS, venerdì 6 XII.
E’ venuto solo il consigliere La Peruta!
Si è progettato il disegno da realizzare sul muro, e, siccome il murale precedente faceva riferimento alla cultura racchiusa nei libri dopo essere stata vissuta e vissuta dopo essere stata appresa, ci è sembrato naturale cominciare con un libro che si apre.
Da dove ci vengono le ipotesi di un mondo nuovo? ci siamo chiesti, e ci è sembrato ovvio rispondere: dalle arti, dalle attività creative degli uomini: ecco allora il teatro, come rappresentazione della realtà e invenzione della vita ma anche rappresentazione della vita come e, per guardarla con occhio critico, ridere dei drammi e degli sfruttatori, ipotesi di possibili mondi diversi e migliori per dare concretezza di vissuto alle ipotesi di cambiamento.
Gli uomini dunque escono dalle pagine del libro che si apre (la storia) per rappresentare, criticare, ipotizzare cambiamenti: rincorrono il carrozzone ambulante che è tutto il loro teatro (la commedia dell’arte) e poi il teatro realizzato davanti a un semplice pubblico sulla pubblica piazza, seduto su un recinto di panche. C’è il re grassone, c’è la regina, altrettanto grassa, ma ci sono allusioni al mondo delle favole della gente spiantata, e dell’arte come giuoco: c’è l’acrobata che cammina sulle mani anziché sui piedi come gli altri, allusione alle ricorrenti figurazioni del “mondo alla rovescia”, ma c’è anche l’asino che caca denari che è il sogno impossibile di chi ha sempre dovuto sudare sangue per vivere in miseria, che il denaro in una qualche maniera si potesse procurare con facilità, e viceversa è allusione al parallelismo fra ciò che caccia abitualmente l’asino da quel buco e il denaro: per essere liberi ci si deve liberare dalla schiavitù del denaro!
Lo scettro del re è infiocchettato di bandiere per dire che il potere da mettere in burletta è quello di sempre, non solo quello dei tempi passati.
Il bambino a cavallo ad un’oca rappresenta la spontaneità del gioco, parallela al giuoco dell’arte, mentre le immagini ricorrenti delle maschere legano insieme il discorso sulle varie funzioni del teatro o sulla teatralità della vita.
Come sempre nel teatro, la rappresentazione è accompagnata dalla musica, e, dalla chitarra, a metà strada fra musica colta e popolare, si passa a strumenti tipicamente popolari: la tammorra, il triccabballacche, il putipù o caccavella.
Ecco allora che il mondo si trasforma in un mondo di sogno e il sogno si concretizza in un bosco, dove si affacciano un alce, ma anche una pacifica tigre, sotto un arcobaleno, che vuol dire pace. L’arco in cielo diventa poi una cascata che cade in un laghetto con le papere.
Immagine tranquilla, ma anche rappresentazione un tantino ironica o incredula, del progetto di un fantastico spazio verde con laghetti che si dovrebbe realizzare non si sa fra quanto tempo nel rione. Sarebbe la realizzazione di un sogno e perciò i palazzoni disumani, soprannominati dagli abitanti “le vele” sono trasformati in vele di una nave che viaggia nel laghetto, altrettanto improbabilmente che il ragazzetto che manda avanti remando una barchetta di carta.
Per tornare a giochi più concretamente realizzabili, sullo sfondo di una muraglia di case rimbalzano palloni di giocatori di pallacanestro e palla a volo, mentre da una fantastica pista che sbuca di frammezzo alle case vengono giù a rotta di collo bambini sui carruoccioli, giocattoli di fabbricazione casalinga ed elementare.
Ma i giocattoli non sono solo cosa da bambini, ed ecco due bancarelle che vendono-distribuiscono simbolicamente gli attrezzi per chi voglia passare ad inventarsi un mondo diverso: maschere colori, pennelli, strumenti musicali più o meno colti. Ché la musica è la più libera delle arti e allora c’è un pianista che suona e le note che produce il suo pianoforte a coda bianco fanno ballare perfino un cane e si tramutano in fiori, accompagnate da quelle di un sassofonista indiavolato.
Segue una banda formata da gente che fa della musica non certo per professione: sono vestiti con abiti da lavoro, tute, camici: uno ha ancora la maschera da saldatore, suonano la grancassa, il trombone, i piatti, il clarino, il rullante, la tromba e introducono un’altra occasione di critica e ipotesi di un mondo nuovo: il carnevale.
Le maschere rappresentano il sole, un porco che crede di essere un generale o viceversa un signore della guerra che è solo un porco, e, fra ragazzi che si danno ad acrobazie camminando sulle mani (ancora “il mondo alla rovescia”) un enorme drago-bruco-serpente che riunisce tante persone sotto un cumulo di ritagli di stoffe colorate, che nella testa raffigura il dilemma presente alla coscienza di ogni uomo: se contentarsi del sonno tranquillo che lascia le cose come stanno e che somiglia alla morte (mezzo teschio) o essere sensibile all’appello alla gioia di una vita creativa (la metà testa a forma di clownessa o pagliaccia, che è poi il simbolo del GRIDAS).
Il risultato delle suggestioni e dell’esercizio della creatività è la fratellanza fra gli uomini, la gioia, in un mondo vivibile perché riscaldato dalla fratellanza. Perciò una fila interminabile di umani, ognuno con i più diversi attrezzi da lavoro, si perdono in lontananza, ballando, fra gli alberi di un bosco, i fiori e le farfalle e grandi foglie, e le muraglie di cemento non ci sono più.
Questa la nostra ipotesi.
Nella riunione del 6 dicembre si erano decisi i tempi della realizzazione sul muro: dal 14 al 23 dicembre. Se n’è data notizia ai capi d’istituto delle scuole vicine, ma si era ormai all’ultima settimana prima delle vacanze di Natale e nelle scuole tutta la creatività era impegnata più che altro nella preparazione di presepi, alberi di Natale e più o meno sacre rappresentazioni. Nonostante questo si è ottenuto di poter posare i colori da un giorno all’altro nello sgabuzzino delle scope del quinto circolo e hanno collaborato a dipingere i ragazzi di una classe del decimo circolo didattico e una classe della terza scuola media “Virgilio”.
Il 14 dicembre pomeriggio si è dato a spruzzo il fissativo sul muro di cemento armato, per oltre 400 metri quadrati. Fortunatamente il tempo si è mantenuto sereno e si è potuto lavorare con continuità, mattina e pomeriggio, per tutta una settimana, fino a lunedì 23 dicembre.
I passant ci hanno osservati lavorare e ci hanno incoraggiati con la loro approvazione, specie il personale dell’Atan e del Ctp, che hanno il capolinea lì vicino, ma soprattutto si sono impegnati i ragazzi trovati per strada, che forse non vanno neanche a scuola, che sono stati assidui tutti i giorni a lavorare con noi, divertendosi, come noi, a dipingere il muro e ad immaginare un mondo diverso e più bello.
La loro cagnetta, Stella, ha annusato coscienziosamente tutti i barattoli di colore e ha assaggiato l’acqua dei pennelli, per dimostrare la sua approvazione.
Per finire, e per sottolineare che la creatività non ha limiti né confini, l’ultimo giorno abbiamo disegnato qualche figura anche sul muro prospiciente la “zampa di cavallo” perché non restasse spoglio: sul fondo grigio del cemento armato, che esalta i colori, si stagliano ora un animale fantastico e multicolore, che sia un gatto? due allegri bambini, una specie di aquilone, una luna con la mano, protesa verso le mani dei bambini e, in corrispondenza della zona che ad ogni pioggia si allaga perché è depressa e l’acqua non ha sbocchi, una barca di carta con dentro un bambino e un salvagente.
Tanto per sottolineare come l’ironia può servire ad esorcizzare pure i disagi della vita ma anche per additare agli insegnanti di “educazione artistica” che sono ipotizzabili funzioni meno alienanti del loro lavoro: c’è ancora un buon pezzo di muro dove poter operare, solo che lo si voglia, ma l’invito sarà raccolto?
Un’ultima notazione per deplorare l’indifferenza della stampa cittadina e in particolare della terza rete TV che non hanno ritenuto rilevante comunicare alla gente la notizia della realizzazione del murale, da noi fatta pervenire tempestivamente: per essi l’arte è ancora e solo la mostra privata di pittura in una qualche galleria!
Napoli, 23 dicembre 1985.
Il GRIDAS.