I prodotti locali e le loro produzioni,
21 - 26 luglio 1997.
Gioia del Colle (Bari): Murales sulle pareti del Mercato, sui prodotti locali e le loro produzioni.
Mural recuperato in autonomia nel 2021.
Testo illustrativo
IL MERCATO E LA CORSA: due murales del GRIDAS a Gioia del Colle 21-26 VI 1997.
La vicenda è cominciata con una proiezione di diapositive al Centro Tonino Bello, offerta ai ragazzi (una ventina) che si erano iscritti al laboratorio di murales, una delle tante iniziative organizzate dal Comune per l'estate. Diapositive di murales del GRIDAS, per sollecitare una conoscenza reciproca e stimolare la fantasia per progettare insieme cosa dipingere sul muro.
I ragazzi sono stati molto attenti ma non hanno parlato gran che.
La mattina, con l'assessore Michele Pavone si era fatto un "sopralluogo" ai muri per scegliere su quale dipingere. C'era un muro a pannelli di cemento, attorno al mercato coperto, già luogo di sperimentazioni pittoriche e graffitistiche negli anni passati, e un muro vergine, di tufo grezzo, all'esterno dell'asilo comunale. Si è deciso di intervenire sul muro del mercato, legando i temi ai prodotti in vendita all'interno e alla cultura locale.
Così, collegandosi in qualche modo alla pittura realizzata anni fa, sul primo pannello, con reminiscenze di Klimt e di Rivera, è comparsa una vite, e, con la vite, la cultura del vino: l vendemmia, la pesatura, la pigiatura del vino, ma anche un bevitore a un tavolo di osteria. Sulla sinistra i tralci della vite si collegano agli arabeschi già disegnati.
In basso, alle linee e ai colori terestri fanno seguito linee ondulate che scandiscono colline (le Murge?) e le campiture di diverse tonalità di verde e marrone, ma anche di altri colori (campi di papaveri rossi, fiori blu,...) proseguono lungo tutto il muro.
In alto un grande sole fiammeggiante introduce al tempo delle angurie: c'è una montagna di angurie e un venditore intento a pesarne una, sotto un ombrellone giallo e rosso, ma anche emerge, da un'enorme fetta di anguria, la faccia di chi la sta addentando voracemente.
Un olivo introduce-separa dalla scena successiva, dove c'è un antico torchio da frantoio, i fiscoli (i dischi, di canapa o juta, a doppio strato per trattenere le olive nel torchio), sporte e casette di olive, e il bancone di un salumiere che vende olive verdi e nere, pomodori secchi, da mettere sott'olio, ma anche barattoli vari di confezioni sott'olio, dal tonno alla maionese, ecc.
Un albero di carrube introduce all'altra scena: la cultura del latte; ci sono le mucche, per la verità un po' stravolte, e il bancone di un produttore che vende provoloni, mozzarelle, ricotte e burrate.
Un albero di limoni introduce all'ultimo riquadro dove a vendere è una prosperosa signora fra cassette di limoni, pompelmi e arance e, poiché i limoni sono gialli, in alto a destra c'è una luna gialla e verdolina, irradiante improbabili raggi gialli e lilla.
Per concludere il discorso si è deciso di intervenire anche sulla parete grigia della rampa di accesso al mercato, per dare un altro tocco di colore, ma anche per cancellare squallidi disegni pornografici. Cerchi, quadrati, triangoli, forme curve che cambiano colore dove si sovrappongono, decorano adesso il muro; in basso spruzzi di colori diversi e, nel cerchio rosso più grande, le "firme" dei ragazzi, cioè le impronte delle mani, spalmate di colori diversi.
Sulla prima parte della parete esterna, che però di giorno si intravede dietro il cancello scorrevole aperto, si è riprodotto lo stemma del Comune, una coppa ricolma di uva, fra due spighe di grano. Sulla coppa si è aggiunto il simbolo del GRIDAS (gruppo risveglio dal sonno) metà teschio, il sonno della ragione, metà pagliaccia, la gioia di vivere.
Visto che in tre giorni si era ultimato il grosso del lavoro, si è deciso di dipingere anche l'altro muro.
I "lavoratori socialmente utili" ci hanno spruzzato il fissativo, per abbreviare i tempi.
Il muro di tufo corre sopra il terreno delle aiuole sottostanti ai pini, il che ha aggiunto altre possibilità agli scherzi dei ragazzi: tirarsi le pigne, e ha complicato un po' la pitturazione, perché ci si trovavano aghi di pino dovunque, nei colori, nelle tasche, nei pennelli, nelle scarpe, ecc.
Il tema propostoci era una gara di corsa, per cui, a destra si è cominciato con la bandiera a scacchi che indica la partenza e la folla che assiste: un anziano, un trippone, una signora col bambino in braccio, un paio di bambine, due fidanzati e due sui pattini a rotelle, esempi di varia umanità che introducono-vogliono partecipare alla corsa...
Ma della corsa sono restate solo le biciclette, ché abbiamo preferito, piuttosto che una "gara di corsa", rappresentare l'auspicata corsa dell'umanità verso la pace e la giustizia sociale, simboleggiate all'estremità a sinistra del muro da un arcobaleno e un cielo limpido, mentre il fondo grigio del resto del muro allude alle difficoltà e alle tempeste del nostro nuvoloso quotidiano.
Così ogni corridore-ciclista è stato caratterizzato dalle immagini dei popoli del mondo, soprattutto quelli che vedono messa in discussione la loro sopravvivenza e il loro diritto a vivere e ad avere rispetto e dignità: un palestinese, un curdo, una donna dei paesi islamici, un indio dell'Amazzonia, un pellerossa, ma anche un bambino sul triciclo: in quanti paesi del mondo dei bambini non si ha alcun rispetto, ché anzi sono merce di scambio e vittime di ogni tipo di sfruttamento?
C'è una rulotte di Rom, altro popolo da sempre errante e tartassato, ma trainata da due biciclette, e con i simboli della loro cultura, un violino e una chitarra.
Fra i "corridori" ci sono pure due figure, in divisa grigia, quella dei carcerati negli USA, che alludono, oltre che a tutti i carcerati, a due casi emblematici dell'assurdità dell'amministrazione della "giustizia" nel Paese "patria della democrazia": Mumia Abu Jamal, ingiustamente condannato a morte per un delitto che non ha commesso, da un tribunale razzista: in realtà perché era, da giornalista, "la voce dei senza voce", informatore all'opinione pubblica dei soprusi di cui è vittima la comunità afroamericana negli USA.
L'altra è Silvia Baraldini, condannata a 43 anni di carcere senza aver commesso alcun reato, per avere fiancheggiato i movimenti di opposizione al governo USA, e che gli Stati Uniti si rifiutano di estradare in Italia, pur avendo sottoscritto la convenzione di Strasburgo, in cui riconoscevano la possibilità di far scontare le pene ai condannati stranieri nei loro paesi di origine. Due casi di vendetta di un potere ingiusto contro chi dissente...
Altre immagini sono quelle di un tandem affollato di immigrati, bambini e adulti in precario equilibrio, una bicicletta che cammina da sola con un ragazzo seduto al contrario sulla sella, a indicare le contradditorietà di certi percorsi umani, un tibetano, abitante di un paese abusivamente occupato dalla Cina, in rappresentanza di tutti i popoli "occupati" da altri, che non basterebbe un chilometro di muro a rappresentare. C'è pure una bicicletta su cui tre bambini si ingegnano a farla camminare, ognuno manovrando qualcosa, immagine della difficoltà degli umani sforzi, ma anche dell'efficacia della collaborazione per superare le difficoltà.
Sopra le figure vola un quetzal, uccello del Centroamerica di cui la leggenda dice che vive solo libero e incarcerato muore e che divenne muto quando il suo popolo fu "conquistato", ma tornerà a cantare quando il suo popolo riconquisterà la libertà.
È quello che speriamo per tutti gli oppressi del mondo, che l'arcobaleno, la pace, la dignità e il rispetto, non stiano più soltanto in cielo, ma siano raggiungibili e realizzabili sulla terra.
Felice Pignataro, del GRIDAS
di Napoli
Gioia del Colle, 27 luglio 1997