Fermiamo il treno dei guai
29 giugno 1994.
Inizio mural a via Cinzia (Napoli), con il Cerchio dei Popoli, sospeso dalla polizia.
10 - 12 luglio 1994.
“Fermiamo il treno dei guai”. Mural anti “G7” in via Cinzia con il Cerchio dei Popoli.
Muro abbattuto.
Testo illustrativo
Nell’ambito delle iniziative del coordinamento antivertice “Il Cerchio dei Popoli” si sono realizzati dei murales per comunicare alla gente comune come andava vista la cosa (il “G 7”), quali le responsabilità dei SETTE CHIAVICI PIÙ UNO STRONZO, per lasciare una traccia, più durevole della passerella napoletana dei “sette grandi”, che aiutasse a pensare e a riflettere.
Dei murales a Napoli, soprattutto perché qui c’è il GRIDAS, il più prolifico gruppo di muralisti del mondo: centotrenta murales realizzati in tredici anni, in giro per l’Italia, nella più completa indifferenza dei cosiddetti “intellettuali”, anche se “compagni”!
Fare un mural significa utilizzare una forma d’arte popolare perché sottratta alla speculazione economica, e comprensibile ai più, come strumento di comunicazione politica: avere l’occasione di contattare la gente comune, incuriosita dal fatto che si stia dipingendo un muro, e poterci parlare, dire perché lo si fa, che senso ha, perché quelle immagini, a che serve, come la vedete voi, ecc.
È una maniera efficace e comprensibile di comunicare contenuti politici significativi in maniera coinvolgente, e perciò efficace, certo molto più utile della diffusione di volantini partoriti con grande travaglio, concettosi e scritti fitti fitti, che nessuno legge, tipici della sinistra “più sinistra” e perciò più lontana dalla mentalità e dagli interessi della gente comune.
Lo scopo è stato pienamente raggiunto, ma c’è stata una serie di fatti, provocati dalla realizzazione dei murales, che fanno preoccupare, o sbellicarsi dalle risa, o, se si vuole, sconvolgono per la loro assurdità (incredibili, ma veri!).
[...]
Il sesto, ed ultimo, mural: “FERMIAMO IL TRENO DEI GUAI”, a via Cintia, dall’uscita di Fuorigrotta della tangenziale, andando verso Soccavo, sulla destra.
Qui sono successe le cose più incredibili.
È un muro di contenimento di un terrapieno, al limite di un rione di case popolari, più scassato di quello della Calata Capodichino, quello di fronte all’O.P.
Per accedervi abbiamo dovuto strappare erbacce alte quasi un metro. Spruzzato il fissativo, come facciamo sempre, per bloccare la polvere e anche l’intonaco cadente, appena messo mano alla pittura, è arrivata la polizia: “Che è ‘sta manfrina? Mica state facendo qualcosa contro il G 7?” “Quando mai: stiamo dipingendo gente allegra…E poi non stiamo ancora in democrazia? C’è ancora spazio per il dissenso civile?” Esibizione dell’ultimo volantino del Cerchio dei Popoli, identificazione del sottoscritto, il “responsabile”, “Va bene, buon lavoro”.
Dopo un’oretta sono tornati: “Venite un momento con noi al commissariato, per accertamenti; poi vi riaccompagniamo qua.” Il “momento” al commissariato è durato tre ore, dalle dodici alle quindici, perché, essendo risultato che non avevamo il permesso del “proprietario del muro”, si doveva chiarire se il muro fosse pubblico o privato. Essendo risultato, in base agli “accertamenti”, che il muro era dell’IACP (Istituto Autonomo Case Popolari, noto per l’assoluta mancanza di manutenzione delle sue proprietà) e quindi “pubblico”, al sottoscritto e a sua moglie è stata consegnata la notifica di un’indagine giudiziaria per “danneggiamento aggravato” con la richiesta di eleggere domicilio legale e di designare un avvocato.
Uscendo dal commissariato S. Paolo abbiamo saputo che i ragazzi che avevano continuato a dipingere erano stati diffidati dalla polizia, tornata sul posto: “Se non la smettete vi portiamo tutti dentro col cellulare”!
Per una settimana abbiamo fatto i salti mortali per ottenere “tutti i permessi”. Grazie al gruppo consiliare del Comune, di Rifondazione comunista, e soprattutto al compagno severino una sorta di “can’ ‘e presa”, si è ottenuto il nulla osta del presidente dell’IACP, allora si è telefonato all’avvocato, Elena Coccia, che ci ha consigliato di informare anche il Comune. Mandato un fax a Bassolino, che, come al solito, non ha risposto, si è andati al commissariato, portando anche uno schizzo del mural progettato. Il responsabile della squadra politica era visibilmente spiazzato: evidentemente, sapendo come funziona l’IACP di Napoli, pensava di averci messi a tacere per almeno un mese! Allora si è posto il quesito se il fax a Bassolino poteva ritenersi un “silenzio-assenso” o ci voleva un’autorizzazione esplicita del Comune.
Poi ci ha consigliato, al di fuori della veste istituzionale, di coprirci le spalle con un’autorizzazione esplicita di una persona responsabile del Comune.
Abbiamo ottenuto un altro nulla osta del Comune dall’assessore all’educazione Guido D’Agostino, il volto di sinistra della giunta, e, avendo esposto il bozzetto del mural da realizzare alle assise del controvertice, dal 5 al 7 luglio alla sala dell’Osservatorio Astronomico di Capodimonte, dal 7 al 9 luglio alla sala mensa dell’Ilva di Bagnoli, dopo aver fatto appello ai partecipanti al controvertice, che domenica si dipingeva (gli organizzatori si dimenticavano regolarmente di parlarne, pur avendo noi proiettato le diapositive dei murales realizzati e di quello sospeso, in una pausa del concettuoso controvertice), domenica 10 luglio si è ripreso il lavoro.
Abbiamo appeso lo striscione del controvertice fra due auto, abbiamo teso un telone per fare ombra a quelli (eventuali) del nord non abituati al nostro sole, abbiamo comprato un blocco di ghiaccio e messo in fresco le bibite gentilmente offerte dalla bancarella del commercio equo e solidale, in una bagnarola prestataci dal benzinaio di fronte, e VIA!
È subito arrivata la polizia: “identificazione” del sottoscritto, perché, come, quando, ecc.
I poveri ragazzi in divisa, timorosi di sporcarsi di pittura, si vergognavano della stupidità dei loro superiori, alla fine hanno detto, per testimoniare la loro buona fede: “Dateci quattro pennelli che dipingiamo pure noi”!
Eravamo in molti: otto di Caivano, Parco Verde, che avevano già lavorato sia a Caivano cha alla Calata Capodichino, otto di Acerra, fra cui due ragazze di Pordenone, loro ospiti, Anna Maria Scarpocchi, del Centro Bambini, che ha partecipato alla realizzazione di tutti i murales, e tanti altri.
La polizia è tornata altre TRE volte, asserendo che il prefetto aveva proibito la realizzazione dei murales, ma, a conferma, hanno esibito solo una carta dove il prefetto ordinava che “fino alla mezzanotte del 10 luglio era proibita ogni illegalità”!
Alla fine, dopo il nostro rifiuto di rimuovere lo striscione, ce l’hanno sequestrato “per accertamenti”, inaudito!
Lo striscione è stato esposto, e ripreso dalle TV, sia a capodimonte che a Bagnoli, ma al chiuso: per strada non poteva esibirsi: il potere voleva che non comparisse in pubblico alcun segno di dissenso dal lecchinaggio ai Sette Delinquenti più Uno!
Abbiamo lasciato correre, pur di realizzare il mural entro il 10 luglio. E ci siamo riusciti!
Lavorando, io sempre, gli altri a turno, a secondo di altri loro impegni, dalle 9:30 alle 20:30 si è realizzato un mural di circa duecento metri quadrati che rappresenta una mano viva, e colorata, da cui fuoriescono volti di gente oppressa, ma in lotta per la liberazione: i palestinesi, i curdi, i pellerossa, i disoccupati, le donne, i bambini del Brasile, che ferma il TRENO DEI GUAI, con una locomotiva a stelle e strisce, con sei caldaie, guidata da un sassofonista pazzo (dal suo sassofono escono, anziché note, caccia bombardieri, e ha l’imbuto sulla testa, antica iconografia della “cura della pazzia”), e ogni vagone un guaio provocato dalla loro politica dissennata: la guerra, l’embargo, (all’Iraq e a Cuba), l’oppressione e la mercificazione del corpo delle donne, l’F.M.I. (Fondo Monetario Internazionale), la malavita e la droga, il disastro ecologico, il caso Silvia Baraldini (la Digos ha telefonato alla questura, per sapere chi fosse questa “Silvia” che “deve tornare”!) e, in aggiunta, un ciclista minacciato da un’automobile, con una dedica a Marco, Marco Mascagna, il nostro compagno pediatra, morto giovane, investito da un’auto, mentre andava in bicicletta, poi c’è scritto: “ECC., ECC.”, ché i guai sono molti di più!
Le rifiniture sono state fatte l’undici e il dodici e non c’era più alcuna traccia della polizia!
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Estratto da I murales "anti G7" del GRIDAS: una storia tutta da ridere