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Smascherati dal Carnevale

Festeggia e sbeffeggia. La tradizionale sfilata mostra l'altro volto di Scampia.

Left - Avvenimenti, n°7, 18-25 febb raio 2010, pagg. 32-33


In meno di mezz'ora, dalla centralissima stazione metropolitana di Piazza Dante, a Scampia. Appena fuori dall'ultima fermata, un ragazzo si avvicina per vendere un biglietto: è già convalidato ma costa meno dell'euro che vale una corsa se lo acquisti entro i 75 minuti. Oggi, però, Scampia vuole essere ricordata diversamente. È carnevale e questa è una «giornata di riscatto», come la definisce chi qui si impegna per costruire isole di legalità e solidarietà. Il corteo colorato parte, come ogni anno da ormai ventotto, dalla sede del Gridas "gruppo risveglio dal sonno", unico centro sociale della zona che dal 1981 svolge le sue attività ricreative a Monte Rosa. Qui si vive una dimensione più umana perché Monte Rosa è il primo insediamento del quartiere, le sue case malridotte si fermano al quinto o sesto piano, con i negozi, la chiesa parrocchiale e le scuole.

I primi passi della Scampia che vuole
risorgere si sono mossi da queste strade, grazie alla tenacia di Felice Pignataro e di sua moglie Mirella. Dal 1983 si celebra «il giorno in cui la gente che non conta niente prende il potere, con l'idea del mondo alla rovescia dove il povero diventa padrone e può sbeffeggiare», racconta Mirella parlando del carnevale. Da allora si organizza il corteo «con quello che si ha, riciclando ed eliminando tutti gli sprechi», perché questa manifestazione è il frutto di «un'impostazione di vita, che nel tempo ha seminato schizzi di vitalità», sorride soddisfatta.

I murales di Felice, le sue maschere
e le sue opere sono finiti nei manuali di arte. Lo spirito del suo lavoro ha contaminato la comunità. Così oggi a Scampia esiste una concentrazione di associazioni e comitati che potrebbe competere con le migliori realtà urbane: i ragazzi di Chi rom e...chi no, il centro territoriale "Il mammut", circoli di Legambiente, caffè letterari e tanti altri. Sfilano i carri: una nave dei pirati, una scialuppa dei diritti e una tartaruga "carretta carretta" che chiude le fila. Aumenta, passo dopo passo, il contrasto tra i loro colori e il grigio del paesaggio. Salvatore batte con ritmo ed energia il tamburo della banda; è appena un adolescente e oggi si è messo la cravatta. La mostra subito, appena salito sulla macchina di Barbara, una volontaria dell'associazione Chi rom e...chi no che lo aspetta all'entrata di uno di quei mostri abitativi che sono "le vele", base di illegalità e degrado diventata il simbolo di Scampia. A guidare il corteo, un totem con la rosa dei venti che ricorda che il tema dell'anno è quello dell'asilo negato agli immigrati.

Mentre indica il casermone giallognolo in cui si è trasferito, Aldo è orgoglioso di quanto si è riuscito a costruire: del giornale locale
Fuga di notizie, del circolo "La Gru" e dei tanti tentativi per riportare aree verdi tra i monumentali edifici popolari. «Posso salire sull'altare della mia chiesa la domenica - continua - e parlare liberamente di quello che accade qui». Non nella parrocchia ma nella struttura di quei gesuiti che hanno tappezzato  Scampia di scritte gigantesche. "Basta crederci e troverai un mare di bene". E ancora "Se non trovi la felicità fuori, cercala dentro" come sta scritto in giallo sulla trave che sorregge le enormi colonne della piazza intitolata a Giovanni Paolo II. Poi, il corteo si spezza: i carri restano sulla strada e il nucleo più allegro e rumoroso entra nei vicoli del Lotto P. Le chiamano le "case dei puffi", insolitamente basse, sono il covo vergine dei camorristi. Le sentinelle sui tetti non lascerebbero mai passare nessuno ma la tradizione unita al lavoro quotidiano degli operatori ha fatto breccia anche qui. L'energia cresce vertiginosamente, i bastoni battono più forte, il grido "scennite, scennite" rimbalza sulle pareti in cemento fino a farle tremare. Dalle finestre qualche testa fa capolino ma senza sporgersi troppo. Non scende nessuno, né lì né durante la marcia. Ma si continua con nuova vitalità fino al campo rom, dove i carri che simboleggiano il male vengono bruciati in un rogo anarchico mentre vengono salvate le rappresentazioni del bene.

Franco racconta che «di rom ce n'erano tanti, prima che le loro baracche fossero date alle fiamme». I bambini sono euforici davanti al fuoco, nonostante il vero spettacolo si consumi intorno, tra i cumuli di "monnezza" e il fetore permanente di plastica bruciata. Senza dubbio, però, anche quest'anno san Ghetto, protettore dell'allegra compagnia, ha fatto la grazia portando a Scampia il coraggio di vivere un'alternativa. 

Dina Galano


Didascalie:

. Nella prima pagina: i nuovi fabbricati all'esterno della stazione metropolitana di Scampia-Piscinola. In basso, vicino al campo rom, i carri del male sono dati alle fiamme.
. Nella seconda pagina: "San Ghetto" protettore simbolico degli abitanti. In alto a sinistra, Felice e Mirella Pignataro in una foto esposta nel centro sociale Gridas. Sotto, un momento della sfilata.

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