Correre, correre, e perché? - "Caso" 1
di Franco Vicario
Nel giugno del 1981 nasceva il Gridas a trent'anni dalla mia nascita di cui circa la metà vissuti correndo, nel vero senso della parola, alla ricerca di chissà quale primato o avversario da battere. Ma per fortuna e per una serie di circostanze ho capito che, dopo tutto, non era tanto importante, anche se avvincente, continuare a battersi contro avversari sempre più forti e numerosi o contro primati sempre più difficili e lontani, ma che era venuto anche il momento di fare nuove esperienze per evitare di restare intrappolato nel circolo vizioso di un gioco senza senso.
E quando quattro anni fa, mentre stavo lavorando alla realizzazione delle scene di una commedia di Eduardo De Filippo da rappresentare nel teatro parrocchiale del rione, un uomo con strani zoccoli ai piedi mi chiese se c'era il parroco a cui doveva consegnare un ciclostilato, io, credo per istinto, capii che qualcosa di importante stava per accadere. Alla sua domanda risposi che il parroco non c'era e che avrei consegnato io quel ciclostilato e ringraziandomi se ne andò con i suoi strani zoccoli a bordo di una vecchia lambretta insolitamente colorata.
Essendo dei fogli non bustati, interruppi il mio lavoro e ne lessi il contenuto, un contenuto rivolto a tutti che mi colpì in particolar modo per la grande forza delle cose dette e nello stesso tempo per l'umiltà, pregio questo che non facilmente traspare, propria di colui che è consapevole che la vita è un fatto di solidarietà e di condivisione; concetti cristiani, ma troppo rivoluzionari per i nostri tempi e per la stessa chiesa.
In quei fogli si parlava della Istituzione Scuola, della sua maniera di essere gestita, del suo costante impegno nel tenere emarginati (servendosi anche di leggi fasciste desuete) i genitori e gli alunni stessi impedendo loro ogni forma di contributo intellettuale sia in termini di fantasia che di esperienze concrete di vita che avrebbero dato un senso ed un interesse "allo stare tra i banchi". La scuola in questo modo è diventata il più grande e colpevole rifornitore di manovalanza al mercato nero dello sfruttamento minorile e corresponsabile delle migliaia di morti bianche legate a questo tipo di sfruttamento.
Alla fine del ciclostilato c'era un invito a partecipare ad una assemblea pubblica presso il centro sociale che voleva essere da un lato un momento di denuncia delle illegalità e delle diaboliche pressioni ideologiche di sudditanza ai concetti di scuola funzionale al sistema e dall'altro un tentativo per avviare un discorso, partendo dalla base, di scuola partecipata come conseguenza dell'aver preso coscienza della sua reale funzione nell'ambito della società.
All'assemblea eravamo in pochi, come spesso accade quando si vuole parlare di qualcosa di serio o di compromettente per qualcuno, ma per me fu l'occasione per ascoltare le parole di quell'uomo con quegli strani zoccoli e la profondità, lo spessore di quelle parole mi fecero configurare i veri avversari da battere e la direzione nella quale avrei dovuto continuare a correre per un premio sostanzialmente diverso da una medaglia o da una coppa vermeille.
Al termine dell'assemblea ci contammo in una decina di persone per lo più giovani diversamente impegnati e dallo scambio di idee successive nacque la proposta di creare un'associazione che chiamammo GRIDAS (Gruppo risveglio dal sonno) per combattere principalmente l'emarginazione e la assenza di servizi culturali che sono tra le cause che determinano un eterno sonno della maggioranza degli abitanti del quartiere.
In oltre quattro anni di attività con il Gridas ho avuto modo di conoscermi più a fondo e misurare costantemente le contraddizioni che ci portiamo dentro un po' tutti e scoprire giorno per giorno quanto sia faticoso lanciare segnali e fare delle cose tra l'indifferenza o la diffidenza generale col rischio di perdere di vista gli obiettivi.
In un mondo fondamentalmente basato su gerarchie militari in ogni suo aspetto, nella famiglia, come nel lavoro, nella chiesa, come nella scuola diventa difficile affermare la propria tensione a vivere in un mondo libero dalle schiavitù ideologiche e dogmatiche.
Fare murales, laboratori fantastici con i bambini, manifestare per la pace e per una cultura di pace, parlare dell'apartheid, fare campagne e sottoscrizioni per il Nicaragua sono attività che passano quasi ignorate dalla gente e dai mass-media e molte volte ostacolate per la potenziale rivoluzionalità dei loro contenuti, ma danno senso al mio lavoro, alla mia vita, danno senso al sacrificio dei campesinos morti in Nicaragua per difendere il diritto di ogni uomo che, in cambio della vita, chiede al mondo la libertà di coltivare un campo di caffè o di mais o di fagioli, che sono la vita, chiede al mondo la libertà di scrivere poesie, suonare, cantare, dipingere.
E dal Nicaragua provengono questi versi che possono trasformare la mia angoscia di vivere in un mondo di oppressioni, in un messaggio di lotta per abbattere ogni oppressione:
Al campesino
Io so, io so
che questi versi
non li leggerai
contadino,
perché non sai o
non ti è permesso.
Ma non li scrivo per te
perché grazie a te sono scritti,
con la tua mano li scrivo
e nella tua vita li leggo,
perché la tua vita e la tua protesta
riempiano il mondo
come l'aria
perché il mondo respiri "contadino"
e senta i tuoi calli
e vesta i tuoi cenci
e senta la tua fame e
soffra la tua oppressione e
senta vergogna
di averti come fratello
e affinché ti trattino come tale
o ti uccidano.
Gaspar Garcia Laviana