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un, due, tre! non si muove una foglia

Nel libretto un, due, tre! non si muove una foglia - politiche [a]sociali della città progressista (damm edizioni autogestite, maggio 2000) è riportata un'intervista sulla scuola fatta a Felice dagli attivisti del DAMM (DiegoArmandoMaradonaMontesanto).



Questo l'intervento di Felice riportato nel libretto:


La scuola. Com'è.
All'inizio dell'anno scolastico io giro per tutte le scuole di Scampìa per proporre i laboratori del GRIDAS, anche se alla fine si riesce a lavorare sempre con i pochi che si lasciano coinvolgere e collaborano.

Il lavoro con una classe comincia sempre mostrando le diapositive dei murales o delle maschere che dovremo realizzare. Ci sono scuole nel centro storico, in affitto dentro palazzi antichi, in cui la luce non entra mai. A Scampìa invece le scuole occupano spazi minimi in edifici enormi, invasi dalla luce. Per oscurare le aule mi porto la carta da imballaggio e un telo bianco per lo schermo.

Dentro la scuola strutture minime come il diaproiettore o l'episcopio, che servono a condividere in un gruppo più grande l'esperienza figurativa di uno solo, sono cose eccezionali. Non dico che scarseggiano i materiali, perché nelle aule dei sussidi didattici spesso sono sepolti autentici tesori. Quando ho chiesto un episcopio, uno strumento che serve a riprodurre in grande, ad alterare le dimensioni di un disegno o di uno scritto per mostrarlo agli altri o leggere insieme, in una scuola sono andati a vedere sul dizionario e poi si è scoperto che ne avevano due in deposito.

Oggi ci sono nuove figure professionali che non hanno una classe ma si occupano di proprio dei laboratori. Io conosco una persona a Scampìa che l'anno prossimo se ne andrà perché si è stufata delle insegnanti che sembrano farle un favore personale ogni volta che le concedono di lavorare con i bambini.


La scuola. Come dovrebbe essere.
Le aspettative verso la scuola, dei ragazzi e delle famiglie, sono molto basse. Io credo che le cose primarie siano imparare a leggere, scrivere e fare di conto, ma bisogna associare a l'utilità del leggere e dello scrivere alla vita quotidiana.

Il punto è l'assoluta separazione della scuola dalla vita, dalla società. Non a caso ci sono quelli "che sanno fare le cose della scuola". All'estremo opposto ci sono invece quelli che scassano, devastano, si fregano tutto nottetempo. I murales nella scuola nascono dall'idea che la scuola è di tutti e si può anche dipingere. Questo a volte interrompe la prassi della distruzione, mette in crisi l'alterità e la conflittualità con l'istituzione.

Se giri per un quartiere la scuola è subito individuabile perché ha muri di cemento armato, cancellate e filo spinato. Anche visivamente hai l'impressione che sia una cosa imposta. A Scampìa le uniche strutture pubbliche del quartiere sono le scuole. Se queste diventassero comunità educative, capaci di attirare e valorizzare le esperienze della vita reale e al tempo stesso raccoglierle e metterle a disposizione di quelli che verranno dopo, diventando i luoghi dove ci si può documentare sulla storia del quartiere; se fossero centri di cultura e non solo scuole, potrebbero essere aperte di pomeriggio per la palestra, il teatro, la musica.

Bisognerebbe impostare relazioni diverse con gli adulti e tolleranza per l'autogestione dei ragazzi. La realtà è che non si riescono a risolvere neanche i problemi sindacali per aprire il pomeriggio.



un, due, tre! non si muove una foglia