Il sacco di tela iuta
Nel retrobottega del bar di Prosdocimo, fra le bottiglie di liquore, le scatole di cioccolatini, i sacchetti di caramelle ed altre carabattole, c'era un sacco pieno di caffè del Brasile, giaciglio preferito della gatta Eleuteria.
Era un bel sacco rigonfio, impregnato dell'odore del caffè ed Eleuteria vi si sdraiava beata, trascorrendovi tutti i pomeriggi e qualche volta anche le mattinate.
Il sacco aveva una storia, Eleuteria no.
Veniva dal centro del Brasile: le fibre erano state intrecciate con la juta del Rio delle Amazzoni, riempito dopo con i pallidi chicchi semiellittici di caffè, aveva viaggiato su un potente autocarro, su un pezzo della grande autostrada che dalla Cordigliera conduce a Rio. Aveva conosciuto nei magazzini decine di zoccole e migliaia di gatti. Dopo un soggiorno di un quindici giorni nel magazzino
portuale di Rio, quando stava già per soffocare sotto un mucchio di sacchi identici a lui era stato rilevato da un robusto negro, o forse meticcio, però molto scuro, e buttato con malagrazia sul fondo di un cargo nel porto di Rio. Sulla nave aveva conosciuto un gattone superbo bianco e rosso, a chiazze, ed era sbarcato poi a Napoli, prima di arrivare in quel bar. Testimoniavano queste sue avventure una macchia blu, a forma di Brasile, proprio al centro, vari bolli posti dalle diverse dogane, qualche macchia di catrame ed altre fetenzie azzeccate agli sfilacci. Eleuteria amava l'aspetto trasandato del sacco e dilatava il suo grazioso nasino odorando gli odori strani che emanava. Si figurava di collocarvi i suoi gattini, quando sarebbero nati, fra quindici giorni, e perciò spesso si distendeva quant'era lunga sul sacco, con le zampe distese e le unghie conficcate nei buchi, giocherellando con la coda con gli sfilacci del sacco medesimo. Un fatto nuovo interruppe l'amicizia del sacco e della gatta: dopo due giorni il sacco venne in parte tagliato, il suo contenuto portato alla torrefazione e le sue spoglie buttate in un angolo. Eleuteria andava a sdraiarsi adesso sul sacco vuoto, ripiegato in quattro. Un giorno il sacco sparì. Eleuteria lo cercò per tre giorni. Lo trovò finalmente, irriconoscibile: era tutto disteso, dipinto di diversi colori, sul soffitto in una baracca. Eleuteria aveva paura di avvicinarsi perché dalla baracca uscivano sempre rumori e qualche volta urla bestiali. Solo qualche volta, saltando da un buco del muro, Eleuteria aveva potuto rimirarsi il suo sacco, sdraiata su una panca e lisciandosi i baffì.
Quando nacquero i suoi gattini dovettero usare, nel bar, un altro sacco di caffè.
Scuola 128, febbraio 1969.