Pasquale Passaguai
Pasquale Passaguai aveva vissuto per dieci anni in una baracca.
Dopo questo tempo, dopo molte dimostrazioni, fu mandato dalla polizia in una specie di casa che era peggio della sua baracca. Ci mancava la luce elettrica, non c'era la fognatura, non c'erano le strade e al loro posto c'erano dei mucchi di terra che quando pioveva diventavano tutto fango. C'erano delle grandi zoccole che la sera facevano le corse in mezzo alla zozzimma e poi si tuffavano nei fossi.
Era tutto scuro e la gente camminava, per andare a casa, con le lampade a pila.
I primi tempi Pasquale fu contento perché la casa gli sembrava comoda, poi, a poco a poco, cominciò ad accorgersi che lo avevano fatto fesso. Tutte le case che vedeva quando andava a lavorare erano migliori della sua. Avevano la luce elettrica, avevano le fognature, erano più pulite da fuori ed erano circondate da strade pulite e c'erano perfino dei piccoli giardini. Pasquale si ricordava che quando stava nelle baracche aveva anche lui la luce e si sentiva a posto. Quando pensava alla casa non immaginava quella che gli avevano dato.
Cominciò a parlare con gli altri e si accorse che gli altri la pensavano come lui. Parlando si accorsero che la società li aveva cacciati lontano, alla periferia, lontano dal posto di lavoro, nelle case più brutte. La società dove vivevano loro non era fatta tutta di gente povera come loro: c'erano alcuni che erano molto ricchi e vivevano in case di lusso e per andare al lavoro, quando lavoravano,
avevano la macchina, pure di lusso. Conclusero che la società faceva schifo perché quelli che erano ricchi diventavano sempre più ricchi e invece loro, che erano poveri li avevano messi in posti brutti per farli diventare sempre più poveri.
Cercavano la maniera di aggiustare questa società: uno diceva che ci voleva la rivoluzione, un altro che avrebbe aggiustato tutto il suo partito, un altro diceva che tutti i partiti erano fatti da delinquenti. Una sera uno di loro portò un giornale e si mise a leggerlo ad alta voce. Speravano di trovare nel giornale la soluzione dei loro problemi, ma quello doveva essere un giornale molto scemo, perché di quello che interessava a loro non scriveva niente e invece diceva molte cose inutili: quanto costava l'ultimo vestito di Faradiba, chi aveva vinto il campionato di calcio e quale canzone si cantasse di più, ma del perché nel mondo le cose andassero male non diceva niente. Pasquale e gli altri proprio questo volevano sapere ma per quella volta non lo potettero sapere. Fu portato altre volte quel giornale, ma non ci trovarono niente di ciò che li interessava.
Un'altra sera Pasquale portò una radio: si misero tutti a sentire; dopo qualche canzonetta fu trasmesso il giornale radio: diceva che una donna aveva avuto cinque gemelli, che il Presidente francese era scivolato a terra, riguardo all'Italia diceva che tutto andava bene perché il ministro dei lavori pubblici aveva deciso la costruzione di duemila nuovi alloggi popolari. Sembrava che tutto andasse bene, ma Pasquale pensò che la radio non diceva come fossero quelle case e nemmeno quando sarebbero state veramente costruite. Allora si accorsero che anche la radio non diceva tutta la verità, perché sapevano bene quanto tempo era passato per loro da quando aveva parlato la radio a quando avevano avuto la casa.
Pensavano che i problemi della società si potevano risolvere discutendo fra loro e cominciarono a discutere. Dopo un poco, però, dubitarono di arrivare a qualche conclusione perché uno cominciava a parlare del lavoro e un altro andava a finire a quello che aveva mangiato quel giorno. Pensarono allora di chiamare qualcuno più istruito, per farsi aiutare.
Prima si riunivano a casa di Pasquale Passaguai, quando erano pochi, poi la moglie di Pasquale si era sfastidiata perché facevano un sacco di allucchi e anche un sacco di monnezza, cicche di sigarette e altra roba. Allora cercarono un altro posto dove riunirsi e attrezzarono uno scantinato, lo aggiustarono alla meglio, chiusero le finestre e la porta perché ci faceva freddo, e si riunirono là.
Qualcuno portò qualche amico che aveva studiato fino alla quinta o fino alla scuola media, per aiutare gli altri a leggere il giornale e a capire le cose che non sapevano. Ma non furono di molto aiuto, perché da molti anni non andavano più a scuola, per lavorare, e si erano dimenticati quasi tutto quello che avevano imparato: non sapevano quasi più leggere. Però avevano fatto delle esperienze diverse e
parlando con gli altri, tutti imparavano qualche cosa.
Intanto il tempo passava e le cose andavano sempre alla stessa maniera.
Una sera andò a trovarli il parroco. Non lo conoscevano, perché nessuno di loro andava quasi mai in chiesa; ci andavano solo per il battesimo di qualche figlio e per la prima comunione di qualche ragazzo o per qualche matrimonio. Da quando stavano nelle case nuove non era successo nessuno di questi fatti. Perciò non conoscevano ancora il parroco. Pensavano che fosse uno che cercava di fare soldi, una specie di imbroglione. Quando il parroco capitò da loro, si accorsero, invece, che era un bravo tipo e che voleva veramente aiutarli.
Diceva che non era giusto che alcuni si abboffassero di mangiare mentre altri si puzzavano di fame, perché tutti gli uomini sono figli di Dio.
Il parroco cominciò a stare molto con loro, li andava a trovare quasi ogni sera e parlavano a lungo. Dopo un po' di tempo arrivarono, appresso al parroco, parecchie persone. Alcuni erano ricchi e andavano là per fare una specie di elemosina, e dopo un poco non ci andarono più.
Solo due continuarono ad andarci e ci andavano spesso, poi trovarono una casa nel quartiere, in mezzo a loro.
Così andò a finire la storia di Pasquale Passaguai, Gennaro Esposito e tanti altri che si riuniscono ancora nel loro scantinato, insieme con le due persone che vanno ad aiutarli. Le cose non vanno meglio nel loro quartiere, però adesso sanno come comportarsi e quando qualche cosa non funziona organizzano una dimostrazione.
Questo hanno imparato, che i problemi di tutti si devono risolvere insieme e questo è la politica.
Hanno imparato che la disgrazia di uno è la disgrazia di tutti e che insieme, anche i più disgraziati, vivono meglio se hanno un poco di amore.
Scuola 128, 5-15 dicembre 1969.