Il bruco Ferdinando e la farfalla Esculapia
Il bruco Ferdinando era grosso, a strisce gialle e nere, ed era nato in una pera paonazza in una notte d'autunno. Da allora era cresciuto molto e si era costruito una bella casa in un fungo rosso e bianco. Era una casa con tutte le comodità: acqua calda e fredda, camera da letto, grandi finestre e due terrazzi, uno coperto e l'altro scoperto, sulla sommità del fungo. Là il buon Ferdinando viveva contento, senza altre preoccupazioni che quelle che riguardavano la cura della casetta.
Ma un brutto giorno comparve a bassa quota, proprio sul terrazzo del fungo di Ferdinando, con chiare intenzioni sfruculiatorie, la variopinta e affascinante farfalla Esculapia. Volava leggera intorno al fungo, su e giù, a destra e a sinistra, si rovesciava nell'aria come un petalo di rosa portato dal vento...
Ferdinando, che si muoveva con difficoltà finanche su un liscio stelo di fiore, rimase subito incantato a guardare Esculapia, e, nei giorni seguenti, quando ella tornava a volare intorno alla sua casetta, Ferdinando si affezionò a lei. Gli pareva che Esculapia gli volasse intorno per qualche motivo, ma ogni volta che guardava Esculapia, non incontrava mai i suoi occhi: si sarebbe detto che Esculapia non lo pensasse proprio. Ferdinando si rattristò, pensando che il motivo di quella indifferenza fosse la sua bruttezza. Col passare dei giorni, Ferdinando si ammalò e un giorno chiuse gli occhi e pensò di morire, perché si sentiva molto più triste e abbattuto del solito.
Dormì un pezzo e si svegliò, dopo un mese, per uno strano formicolio sulla schiena. Decisamente doveva aver peggiorato parecchio e lo faceva sentire ancora peggio la sicurezza di non poter più riuscire, ormai, ad acquistare l'affetto di Esculapia. Abbattuto da questi tristissimi pensieri, dormì un altro poco e, quando si svegliò, invece di trovarsi all'altro mondo, si vide ancora nella sua casetta: invece di farlo morire, quella malattia gli aveva fatto spuntare le ali. La casetta era ormai troppo piccola e Ferdinando si trascinò a fatica in un buco del vecchio albero di pere.
Di lassù, vide che il vecchio fungo si era infrociato ed ormai non era che un mucchietto di materia grigia sulle foglie secche. La tristezza di Ferdinando passò ed egli cominciò subito ad esercitarsi con le ali nuove. Funzionavano bene e ogni mattina Ferdinando faceva lunghi esercizi di ginnastica. In poco tempo diventò bravissimo a volare: eseguiva tutte le evoluzioni che aveva visto fare ad Esculapia ed altre aveva escogitato.
Esculapia, ormai, non la vedeva da un pezzo e l'aveva quasi dimenticata. Un giorno che, chi sa perché, si sentiva malinconico e volava in una zona nuova del bosco, all'improvviso vide affianco a sé la graziosa Esculapia, che si specchiava nell'acqua chiara di uno stagno.
Ferdinando per poco non morì sul colpo: non solo aveva ritrovato Esculapia ma le stava vicino. Diventarono amici e andavano insieme svolazzando da un fiore all'altro nel folto bosco. Mettevano l'allegria nel cuore di tutti quelli che li vedevano e sembravano due fiori volanti, nel verde del bosco. Si volevano molto bene e insieme erano amati da tutti gli animaletti del bosco. Ormai avevano imparato molte cose e perciò non si meravigliarono quando dalle uova che avevano avuto nacquero tanti bruchetti che somigliavano a Ferdinando da piccolo: l'unica preoccupazione era quella di tenerli al sicuro dalle insidie della rondine e della talpa.
Dimenticavano però anche questa preoccupazione quando li vedevano arrampicarsi in fila indiana lungo lo stelo dei fiori, neri e gialli e pelosi come fili di lana, sul verde tenero dello stelo.
Chi sa se anche loro sarebbero riusciti a diventare variopinte farfalle o si sarebbero contentati della vitaccia dei bruchi.
Scuola 128, 12 febbraio 1969.