Felice a scuola
Erano i primi anni ’70 quando incontrai per la prima volta Felice Pignataro: lui genitore, io maestro elementare del 58° Circolo Didattico di via Monte Rosa, nel plesso scolastico che attualmente ospita il Liceo Polifunzionale di Scampia. Fu immediata la simpatia: mi colpì il fisico asciutto, l’intelligenza e, non poco, il suo modo di vestire, jeans e giubbino smanicato dello stesso tessuto, zoccoli ai piedi. Non so perché, ma a me “patito” del fumetto e del cinema western fece pensare ai cow boys, forse per il giubbino che gli invidiavo, chiedendomi dove mai lo avesse comprato. Il fatto che le figlie, Giovanna e Martina, così piccole, leggessero i classici russi dell’ ‘800 fece “rumore” anche tra quei docenti, che, chiusi nella vecchia didattica, non apprezzavano molto l’attivismo contestatario di Felice. Era difficile da accettare, ma nel degrado di “un quartiere dormitorio” c’erano due bambine tra i 7-8 anni, capaci di leggere e comprendere un classico e, per di più, russo. I Decreti Delegati erano Legge, ma l’ingresso “istituzionale” dei genitori a scuola era osteggiato dal corpo docente più conservatore e, in particolare, da Direttori e Presidi (non ancora Dirigenti Scolastici), contrariati dal dover condividere con “estranei” le loro scelte. “Fuori la politica dalla scuola!” era il risibile “grido” dei docenti “resistenti” all’innovazione e dei pochi genitori schierati al loro fianco, che, con in tasca la tessera della DC, nel mentre ripetevano: “A scuola non si fa politica!”, costruivano o almeno cercavano di costruirsi proprio nella scuola il loro spazio elettorale. Felice portò a scuola il concetto di “laboratorio” e di “intelligenza manuale”, tecniche di costruzione di maschere di cartapesta e uso del colore, il “contesto territoriale” come fonte motivazionale. Comparvero le prime immagini di bambini, che al posto della testa avevano la TV, profetica denuncia dell’ottundimento delle masse, di cui la TV sarebbe stata protagonista di lì a poco. Si trovò subito intorno noi docenti più giovani, che avevamo amato Don Milani ed eravamo “affamati” di portare il sapere anche a quei ragazzini “a rischio di evasione”, che non ne volevano sapere di studiare. Gli ostacoli furono molti, interni ed esterni: con i ragazzi (eravamo, si ricordi, in una scuola elementare) si riusciva a parlare, oltre che delle discipline specifiche, anche di educazione sessuale, ambiente, pace, libertà, democrazia, evoluzionismo, mito delle caverne, sogni e inconscio; e tutto ciò dava fastidio a quei docenti fermi alla lezione frontale e al sapere come mera trasmissione di contenuti, ma ancor di più ai bidelli che vedevano aumentato il loro lavoro di vigilanza e di pulizia dei locali messi a dura prova dall’uso del colore, dalle colle e dai materiali di risulta; soprattutto dava fastidio a quei genitori “politici di professione”, che vedevano messa in crisi la loro capacità di manipolazione del consenso. Ci furono denunce e minacce, spesso non solo verbali, di cui fu particolarmente oggetto, oltre Felice, anche Antonio Vece, uno dei docenti più battaglieri. Nonostante tutto, con l’apporto tecnico e culturale di Felice, portammo avanti una lunga serie di percorsi didattico-educativi, apprezzati da tanti e osteggiati da alcuni, ma soprattutto organizzammo le prime manifestazioni di quel “Carnevale in piazza”, che è ormai tradizione acquisita del territorio. Felice era un gigante, forte dei suoi valori e della sua coerenza; noi dei comuni mortali, che lo amavano, ma che erano anche in cerca di una dimensione, più a misura, più tranquilla, non aliena a desideri piccolo-borghesi. Il gruppo docente, che si era formato, a poco a poco si sciolse; e ognuno seguì la propria strada, chi si avvicinò alla propria residenza abitativa (Vomero, Colli Aminei, tanto per intenderci), chi passò alle scuole medie o superiori, chi diventò ispettore o dirigente scolastico. Rividi Felice quando ormai era già pronto per l’ultimo viaggio. Scampia gli deve molto e così tutti noi, che lo abbiamo conosciuto ed amato.
Salvatore Tofano
(autore anche della vignetta che ritrae Felice)