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Gli zingari

Nel terreno dietro le palazzine di Secondigliano, nel mese di settembre 1971 vennero ad abitare gli zingari.
Gli zingari viaggiano sempre, si portano dietro la loro casa, come le lumache. Non si sa da dove vengono, ne dove vanno, parlano diverso da noi: sono una gente diversa.
In mezzo al terreno gli zingari misero le loro roulotte, in cerchio, così fecero una specie di accampamento, poi cominciarono una grande festa.
La gente credeva che gli zingari fossero una specie di selvaggi e andavano a guardarli come bestie rare.
C'erano delle vecchie che dicevano di saper leggere la sorte nella mano e così facevano fessa la gente.
Le donne andavano a farsi leggere la mano e le zingare dicevano che nella mano c'era scritta una disgrazia e chiedevano dei soldi per cacciare quella disgrazia.
Le donne andavano a farsi leggere la mano e pagavano per farsi togliere le disgrazie e poi dicevano che gli zingari sono imbroglioni. Ma gli zingari invece sono una gente diversa che non ha una casa e viaggiano sempre e dove arrivano lavorano come possono per campare.
Quando gli zingari si misero nel terreno di Secondigliano cominciarono a fare una grande festa.
La gente andava a guardare, ma gli zingari non si sfastidiavano e continuavano a leggere le mani, a bere il vino e a ballare. Sembravano contenti come non era mai nemmeno la gente di Secondigliano durante la festa di S. Pietro e Paolo.
In mezzo agli zingari ce n'erano due che erano della Jugoslavia.
Erano due giovani sposati da poco e si volevano bene. Alla festa erano i più allegri di tutti e quelli che li vedevano si sentivano contenti.
Gli zingari facevano festa perché un ragazzo molto malato era stato guarito per miracolo e loro volevano far vedere a tutti che erano contenti e grati a Dio.
Questa è una bella cosa, fare festa per ringraziare Dio. La gente del rione si sentiva attirata a starli a guardare, non sapevano perché.
A un lungo tavolo stavano seduti i capi e gli anziani di quel gruppo di zingari e forse quelli che andavano a guardare invidiavano gli zingari, perché loro avevano un capo e invece essi non ne avevano nessuno. O forse si ricordavano di quando anche loro stavano al paese, in campagna e anche là si facevano ogni tanto delle belle feste, quando si ammazzava il porco, e tutti erano contenti.
Adesso invece proprio contenti non erano. Avevano una casa popolare, ma gli sembrava che non fosse casa loro, e invidiavano gli zingari che casa non ne avevano ad erano di casa ovunque. E si vendicavano dicendo che gli zingari erano ladri e imbroglioni mentre invece erano solo poveri.
Sentivano che gli zingari erano diversi, si portavano con loro la loro storia e di loro non si sapeva niente.
In un mondo che vive sull'invidia e la sicurezza, che si affanna a cercare la ricchezza, gli zingari ci ricordano che non è la nostra casa, questo mondo, e che solo se non abbiamo casa in nessun posto ci sentiremo di casa ovunque perché sapremo sempre che la nostra casa è in un altro mondo.
La vita degli zingari è come quella di Gesù, che non aveva una casa sua ma sapeva dare la gioia a tutti quelli che incontrava per le strade del mondo.


Scuola 128, 9-28 ottobre 1971.