La via verso la fratellanza
10 - 18 marzo 1986.
Realizzazione del murale “LA VIA VERSO LA FRATELLANZA” all’IPSIA di Miano (Na), con i ragazzi di nove classi.
La storia dell’umanità attraverso la storia della scienza e la sua influenza sulla vita dell’uomo, dalle palafitte alle guerre stellari. La storia della conoscenza dell’universo dalle fiammelle, i buchi nel cielo solido e opaco, alle esplorazioni spaziali. Il ballo finale della fratellanza, al suono dell’armonia celeste ipotizzata da Democrito.
Sospensione dei lavori per ordine del preside perché alla presa di coscienza degli sfruttati corrispondevano le bandiere rosse!
16 - 27 aprile 1986.
Rifinitura del murale all’IPSIA di Miano, accettata finalmente dal preside.
Rovinato dalle intemperie e in parte coperto da una centralina.
La scuola ha poi provveduto a restaurare la parte centrale del mural con un apposito progetto gestito in autonomia.
Testo illustrativo
LA VIA VERSO LA FRATELLANZA
Considerazioni sul murale all’IPSIA di Miano
4 novembre 1985 - 28 aprile 1986
Lo stimolo alla realizzazione del murale all'IPSIA, Istituto Professionale con millecinquecento alunni, è stato dato dalla necessità di promuovere attività parascolastiche, che dessero una risposta all'esigenza dei ragazzi di fare qualcosa di diverso dallo studio tradizionale, sperimentare nuovi linguaggi e strumenti di comunicazione, qualcosa di creativo che ravvicinasse la scuola all'ambiente.
Era stata presentata una proposta-progetto di attività parascolastiche al 44° distretto ma non si era avuta risposta; poi c'era una disponibilità di fondi del bilancio dell'85 ed è stata accettata dal consiglio d'istituto la proposta del Gridas per un murale.
Si è costituito un comitato di insegnanti di cultura disponibili ad allargare il loro discorso ad altre forme di espressione, oltre la parola scritta; si sono coinvolte nove classi, si è scelto il muro, 420 metri quadrati, 105 di lunghezza per quattro circa di altezza, una parte della recinzione fra l'Ipsia e la scuola media Moscati, un muro di cemento armato alto due metri, sormontato da un recinto di lamiera alto due metri, sormontato da una rete alta altrettanto.
La parte da dipingere era quella in cemento armato più quella in lamiera, quattro metri per 105.
Si è passati alla fase informativa-progettuale: verso la metà di novembre 1985 si sono proiettate diapositive di murales del Gridas, classe per classe, affrontando il discorso sulla pittura murale e sulla pittura in genere come strumento di comunicazione-persuasione e mass medium pretelevisivo. Poi i ragazzi sono stati invitati a formulare progetti e proposte, con immagini o anche solo per iscritto.
C'è stato il "movimento dell'85", poi le vacanze di Natale, poi il Gridas è stato impegnato nei laboratori per Carnevale e si è arrivati alla metà di febbraio.
Ripreso il discorso classe per classe, il tema si è andato definendo e chiarendo in immagini, partendo dai progetti e dalle proposte dei ragazzi, stimolati da un animatore del Gridas.
Si è partiti dalla III C dove si è discusso parecchio, chiarendo alla fine che la classe proponeva che si sottolineassero sopratutto gli aspetti positivi del futuro, le prospettive buone di aggregazione-fratellanza, individuate in un girotondo di umani di diverse razze e nazioni.
Si è pensato di aprire, per facilità di rappresentazione, il circolo del girotondo, anche per favorire l'ingresso nel giro di chiunque si avvicinasse al murale. Si è così passati dal circolo all'ellisse, come circolo in prospettiva, alla linea sinusoidale ottenuta dall'ellisse aperta.
Della gente che balla.
Ma per ballare ci vuole la musica, e allora ci è venuta in mente l'immagine di Democrito, della musica dell'universo, prodotta dal movimento dei corpi celesti, a noi sconosciuta perché mai interrotta, per assenza di contrasto col silenzio, e questa ci è sembrata un'idea bellissima, perché allusiva a tutte le bellezze che abbiamo sotto gli occhi e ci sono nascoste dall'usura della consuetudine. Si è pensato di rappresentarla con la trasformazione dei pianeti in tammorre e strumenti musicali in genere.
Proseguendo il giro per le classi la linea sinusoidale si è caricata di altri significati, come simbolo della vita (nascita, crescita, declino e morte), come reiterazione della curva di Gauss che riassume l'andamento di tutti i fenomeni e della vita stessa, dalla nascita, vita in germe, vita in piena espansione, al declino della vitalità, alla morte.
Uno schema quindi ha cominciato a nascere, una linea sinusoidale, una fascia ondulata che percorresse tutto il muro, riassumendo al suo interno le tappe del progresso dell'umanità.
La III E ha introdotto la proposta di una figura centrale, che riassumesse l'essere in bilico dell'uomo e della sua coscienza fra il bene e il male, le tentazioni di morte e di acquiescenza al male e la suggestione della serenità e della gioia e della pace, la coscienza e l'abbrutimento, ecc.
Si è pensato di racchiudere l'immagine in un cerchio per assimilarla al disegno di Leonardo delle proporzioni del corpo umano o dell'uomo misura di tutte le cose. La ripartizione in riquadri interni alla sagoma, proposta da una ragazza, è stata poi abbandonata per fondere con la figura-sagoma stessa le immagini altre simboleggianti le possibilità di scelta.
Alla fine del giro per le classi il progetto schematico era stato concluso: una linea sinusoidale lunga quanto il muro, una figura-cerchio mediana, al di sopra la musica dell'universo e, prima, le proiezioni sui corpi celesti delle interpretazioni e dell'immaginario e delle pretese di dominio dell'universo, dalla prospezione dei corpi celesti all'incubo delle "guerre stellari".
Nei dossi della curva, in basso, paesaggi minacciosi e via via più sereni della quotidianità della vita sulla terra, fino all'utopia.
Si è ciclostilato un testo di un paio di pagine, per far conoscere il progetto a tutti, poi, dal 10 al 19 marzo si è passati a dipingere sul muro.
Si è dato a spruzzo un fissativo, per favorire l'adesione della pittura sui supporti diversi, si sono spezzati i fili di ferro arrugginiti sporgenti dal muro, serviti un tempo a tenere a posto le casseforme all'epoca della gettata del calcestruzzo. I ragazzi si sono entusiasmati a dipingere, si sono procurati gli addobbi più incredibili per evitare di sporcarsi di pittura, dai camici bianchi da laboratorio ai camici verdi da sala operatoria. La difficoltà di raggiungere le parti alte, rivelatesi insufficiente il ponteggio mobile del Gridas, su cui potevano salire al massimo quattro ragazzi, è stata risolta utilizzando vecchi scaletti, telai di banchi con sopra, legata col filo di ferro, una testata di letto trovata fra le immondizie, una pesantissima scala di ferro arrugginita, lunga circa sei metri, fornita dall'ufficio tecnico della scuola, la naturale altezza superiore alla media, di qualche ragazzo, e le disponibilità acrobatiche di qualche altro.
Ma non è andato tutto liscio. Si era pensato che l'opportunità di un'attività inconsueta potesse convincere i ragazzi a venire a scuola anche durante le rotazioni, ma invece pochi l'hanno ritenuto giusto. In più è venuto a piovere e si è dovuto sospendere, scombinando i turni, poi si è scoperto che i turni non potevano slittare perché la scuola per due giorni avrebbe ospitato un concorso e si sono accavallati i turni di due classi, riducendo l'effettivo impegno pittorico dei ragazzi capitati quel giorno. Ma a questo proposito va chiarito che il valore più grande del dipingere il muro collettivamente era nel fatto, poco più che simbolico per molti, di mettere mano concretamente a pennelli e pittura e verificare il fatto pratico di dipingere sul muro con i colori. Un laboratorio di pittura allargato a duecentocinquanta ragazzi per sperimentare la pittura murale, non una scuola di pittura per impadronirsi della tecnica e della manualità: esse non si improvvisano in un giorno né in un mese e non possono essere disgiunte dal fatto culturale di base: lo stile è cultura e operatività insieme, è tutto l'uomo e non si può improvvisare.
Poi è scoppiato il caso delle bandiere rosse: dove si voleva rappresentare la presa di coscienza del loro sfruttamento da parte degli sfruttati, si è pensato di simboleggiare con le bandiere dei movimenti proletari, la bandiera anarchica e le bandiere rosse, questa presa di coscienza, prima di passare al girotondo preconizzatore della pace futura, affinché questa pace fosse chiaramente non un generico e insulso "vogliamoci bene" ma il superamento e la distruzione dello sfruttamento dell'uomo sull'uomo, dei contrasti e le guerre per la conquista di altri paesi, delle competitività e degli egoismi comunque camuffati.
Alcuni ragazzi hanno sostenuto di sentirsi "strumentalizzati" dalle immagini delle bandiere rosse, da essi intese come un grezzo simbolo di partito (ma quale, poi?) il preside, in qualità di presidente del comitato promotore ha deciso di sospendere il lavoro e di fare una pausa di chiarimento.
Il chiarimento c'è stato, ultimati i turni con i ragazzi e dopo le vacanze di Pasqua, c'è stato un lavoro di rifinitura e ridipintura di tantissimi particolari scomparsi per lo sconfinamento dei colori oltre le linee nere di delimitazione, che è durato fino al 28 aprile.
Il muro-recinto si è così trasformato in veicolo di un messaggio grande quasi quanto il mondo.
Da destra a sinistra, in alto, sono state rappresentate le visioni e le proiezioni nel cosmo delle aspirazioni, i miti, i desideri di potenza degli uomini per concludere con un'allusione molto popolare alla suggestiva idea di Democrito.
Si va dalle fiammelle e i buchi luminosi sul fondo blu che rappresentano le supposizioni dei primi uomini che le luci notturne fossero fori nella calotta del cielo da cui traspariva il fuoco retrostante, al collegamento fra le stelle per disegnare costellazioni, la rana, appartenente alla cosmologia estremo orientale, divinità che presiede al regime delle piogge, la luna, immagine femminile in molte mitologie, dalla chioma fluente e luminosa, che accarezza i mari, l'orsa, il capricorno. Dal delinearsi sui corpi celesti di crateri e anelli di gas, mano a mano che alla semplice osservazione ad occhio nudo si sostituiva l'osservazione con il cannocchiale e col telescopio, alla "conquista" dello spazio, dove si frammischiano ai corpi celesti i satelliti artificiali e la luna appare pesticciata da orme e tracce di cingoli oltre che da crateri e gli uomini librati nello spazio e i satelliti spia e le guerre stellari, i satelliti militari, la grottesca pretesa di estendere a tutto il cosmo le manie di conquista, umoristicamente rappresentata da carri armati con le ali-pannelli solari.
Poi il ritorno della coscienza: la conquista della pace nella trasformazione dei pianeti in strumenti musicali, tammorre, tamburi, flauti, fischietti, nacchere, chitarre, violini. Il colore di fondo va schiarendosi, da un blu fondo, la notte dei tempi, a un celeste luminoso, la prospettiva dell'avvenire.
Nella fascia-linea ondulata-sinusoide si va dall'immagine di una scimmia a quella di un uomo primitivo, eretto e armato di un primitivo strumento, la clava (qualcuno ha protestato perché, a suo giudizio, si sarebbe dovuto cominciare da Adamo ed Eva), alle prime invenzioni-scoperte che hanno cominciato a modificare le condizioni di vita: il fuoco, la pietra scheggiata, l'agricoltura, la tessitura, la ruota.
Nel dosso della curva un paesaggio preistorico, dove un villaggio di palafitte si intravede fra enormi dinosauri, a rappresentare le difficoltà iniziali di vita degli uomini. Poi le tecnologie più raffinate, la ruota idraulica, l'aratro, il mulino a vento e lo sviluppo delle tecnologie medievali, la biella e la manovella, il mantice, la fabbricazione del vetro. In corrispondenza del secondo dosso un'angosciosa visione medievale dove la morte col mantello nero minaccia i viventi.
Ci sono le forche, il supplizio della ruota, come in parecchi quadri fiamminghi (uno dei più crudeli supplizi: il condannato aveva le membra fracassate da una pesante ruota di carro e poi era legato-intrecciato ai raggi della ruota ed esposto in cima ad un palo ad essere divorato dai rapaci!).
Un lebbroso con la campana per avvertire i passanti del pericolo del contagio, un amputato su un rudimentale carrettino, la cattedrale in costruzione, che sta per metà nella fascia sinusoidale, a rappresentare l'ambivalenza della chiesa, da una parte strumento di oppressione, le crociate, i processi alle streghe, l'inquisizione, da un'altra occasione di liberazione. La costruzione di una cattedrale era un'impresa immane, che durava decine di anni, richiamava masse di lavoratori, manovali, scalpellini, scultori, vetrai, fabbri, ebanisti da ogni dove, diveniva simbolo del cosmo, da esorcizzare rappresentando diavoli e spiriti maligni ad essa incatenati, (il diavolo verde affianco alle pietre siglate dagli scalpellini) così come profeti e ogni altra figurazione più o meno sacra o profana dell'immaginario, luogo di riunione di tutto il paese, e quindi immagine del cosmo, simbolo della città, costituita da tante pietre quante le persone che vi avevano lavorato e in essa si riunivano. Il senso era spesso illustrato anche all'interno con raffigurazioni della storia sacra, la storia dell'umanità, dell'albero cosmico, ecc.. Su di essa piovono vetri colorati, allusione alle vetrate, primi esperimenti di proiezioni a colori, nelle cattedrali del nord.
Chiudono lo scenario medievale capanne in fiamme, per disinfezione-scongiuro del contagio della peste, per cui un grosso ratto assiste all'incendio, o una delle tante conseguenze di ricorrenti guerre e saccheggi, rappresentati più sopra, nella striscia sinusoidale, da una folla di migranti-pellegrini-soldati-crociati, esportatori di guerre ad esse comandati.
Più in alto si passa alle invenzioni, la chimica, attraverso l'alchimia, uovo e simbolo dell’athanor, il luogo della trasmutazione degli elementi la pittura, la riproduzione dei libri ad opera degli amanuensi, la stampa a caratteri mobili l'invenzione del giornale, la diffusione di testi stampati e libri, il cannocchiale, la pentola a pressione, gli studi di genetica (le lumache alludono agli studi del Mendel sull'ereditarietà), la matematica, il sistema periodico degli elementi di Mendeleief.
In basso, alle guerre e migrazioni segue la più forzata delle migrazioni la tratta degli schiavi, un padrone che incatena africani e li carica su un veliero al pari di altre merci, lo sbarco in America, la vendita all'asta i campi di cotone, il duro lavoro sotto un sorvegliante nero e traditore 'il magazzino-dormitorio. In alto il razzismo di oggi: Botha, dittatore del Sudafrica che ghermisce denari con una mano e con l'altra strangola negri mentre più in alto l'applicazione delle scoperte scientifiche trasforma gli uomini in schiavi delle macchine e li militarizza per la guerra. La fabbrica che ingoiava operai diventa centrale nucleare e produce robot-soldati.
Nel dosso sottostante operai schiavi delle macchine e poi eliminati dalle macchine computerizzate a cui si affiancano mucchi di lettere di licenziamento.
Qui la striscia sinusoidale è interrotta da un cerchio alto quanto il muro in cui è iscritta una figura divisa verticalmente a metà. La metà di sinistra è scheletrita e simboleggia le tentazioni al male e allo sfruttamento dell'uomo sull’uomo sempre incombenti nella coscienza. Attorno al teschio volteggiano banconote, una svolazza sopra il disegno di un capitalista grasso che calpesta un operaio scheletrito. Le vertebre, scendendo dal teschio, si trasformano in monete, le ossa della gamba sono costrette da catene, mentre le falangi della mano si trasformano in missili e bombe e alle ossa del braccio si intrecciano una pistola, simbolo di tutte le violenze e i terrorismi, e una siringa, simbolo di tutte le droghe.
L'altra metà della figura è colorata in arancione e bene in carne ha la faccia di una e clownessa, le dita della mano si perdono in fiori, ha molti seni, per simboleggiare la vita, sulla gamba sono rappresentati due amanti nudi, la libertà di amare, nello spazio intermedio del cerchio c'è un grande fiore, che si oppone al denaro dall'altro lato.
Riprende qui la striscia sinusoidale, che era di colore rosa dall'inizio del muro fino ala figura centrale, e si colora sempre più di arancione per sottolineare il rapporto con la metà positiva della figura centrale.
Gli sfruttati prendono coscienza dello sfruttamento e lottano insieme scoprendo la solidarietà, storicamente questo si è realizzato con le organizzazioni e le leghe operaie e contadine, e dello sfruttamento fanno una bandiera la bandiera rossa è nata dal fazzoletto delle mogli di operai uccisi durante gli scioperi, inzuppati nel sangue dei loro uomini e divenuti bandiera cosi come il pugno è un simbolo dell'unità, rappresentata dalle cinque dita, più forti perché unite e serrate).
La presa di coscienza non è però un fatto pacifico e c'è chi si oppone perciò nel dosso sottostante c’è un’immagine critica della scuola come carrozzone-marchingegno telediretto (schermi e antenna televisiva) che ingoia la creatività, disegni colorati, barchette di carta, per produrre robot tutti in abito grigio, tutti uguali, tutti morti, tutti disoccupati.
In alto, alla solidarietà segue la fratellanza e comincia il girotondo degli umani: c’è il campesino, il nero sudafricano, il palestinese, l'indio del Sudamerica, l’indio amazzonico, un'allusione a tutte le razze, o meglio a tutti gli uomini del mondo cui non solo la fratellanza ma lo stesso diritto alla vita è spesso negato.
In basso la III A ha disegnato l'ossessione del traffico metropolitano nella figura di un uomo a cui entrano nel cervello rumori, gas di scarico e intere automobili e cerca di difendersi inutilmente serrando occhi e denti e mani.
Nel dosso successivo è rappresentato uno scenario triste di periferia con contenitori di immondizia traboccanti di materassi usati, ratti, scarafaggi case dormitorio quadrettate come grate di carcere, un campo da pallone impraticabile per le pozzanghere e l'immondizia.
Nell'ultimo dosso della sinusoide un possibile aggiustamento delle condizioni di vita è simboleggiato da un campo sportivo ben tenuto, con piste di atletica e ragazzi che possono praticarvi lo sport.
Conclude il murale un gruppo di fiori e foglie che annulla la divisione tra cielo e terra, a indicare che l'utopia della fratellanza è possibile.
Questo il messaggio espresso sul muro.
Ci piace concludere con una citazione di A. Bogdanov che ci pare chiarire, con parole che vengono da lontano, il senso e della fratellanza e della pittura murale, la nostra pittura murale, un'operazione poetica- "Lo spirito di autorità, lo spirito di individualismo, lo spirito di fraternità sono tre tipi successivi di cultura. La poesia proletaria appartiene al terzo, alla fase più elevata."